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Inside Out, il nuovo capolavoro d’animazione Disney Pixar, in poco più di 3 settimane ha sbancato al botteghino e si è affermato come il lungometraggio Disney più visto in Italia negli ultimi 10 anni, riuscendo ad emozionare e conquistare grandi e piccini dando voce e animando le emozioni primarie che sono presenti in noi fin dalla nascita: paura, rabbia, tristezza, disgusto e gioia.

Con una sorta di mappa emozionale, Inside Out ci ha condotto in un viaggio interiore non dentro al cervello, che è un luogo fisico, ma all’interno della nostra mente. Per comprendere meglio come le emozioni che “affollano la stanza dei comandi”, condizionano noi e i comportamenti dei nostri bambini, abbiamo raggiunto la nostra Psicologa dell’età evolutiva, la Dott.ssa Simona Cappelletti del team Diagnostica Specialistica Pediatrica Bios, a cui abbiamo chiesto:

1.    Dottoressa Cappelletti, Inside Out ci parla di paura, rabbia, tristezza, disgusto e gioia. Cinque emozioni primarie. Come si fa a riconoscerle in un bambino e come possiamo condividerle assieme a lui in armonia?

“Paura, rabbia, tristezza, disgusto e gioia, i protagonisti di Inside Out, rappresentano le emozioni cosiddette primarie, che esistono già dalla nascita e compaiono entro il primo anno di vita. Inside Out rappresenta il valore equivalente e prezioso di tutte queste emozioni, sia positive sia negative. Per riconoscerle nei nostri bambini è necessario averne una buona conoscenza e consapevolezza su se stessi, essere in grado quindi di riconoscere, capire e riuscire ad identificare i propri di stati emotivi. In seguito si potrà imparare ad ascoltare le emozioni espresse dal bambino, aiutarlo a distinguerle. Spesso i bambini hanno difficoltà a descrivere l’emozione che stanno provando e quindi a nominarle, le agiscono attraverso comportamenti più o meno adattati. Solo attraverso il riconoscimento di esse da parte dell’adulto, il bambino  imparerà a contenerle e regolarle. Se un bambino prova una paura, riconosciuta e compresa dal genitore, nel tempo verrà percepita dal bambino come meno invalidante.
Per i bimbi più piccoli, il modo più immediato per riconoscere e classificare le emozioni principali è vederle espresse e “contenute” sul volto di mamma e di papà. Sulla base dell’evoluzione psicomotoria si svilupperà progressivamente la capacità di esprimerle attraverso il linguaggio e la narrazione, pensiamo a quanto le favole ed i loro personaggi impersonificano emozioni differenti. Per tutti i bambini sia di età prescolare che scolare si può utilizzare inoltre il disegno, in quanto attraverso le rappresentazioni grafiche i bambini esprimono il loro mondo interiore”.

2.    Ci sono poi molte altre emozioni, quali sono e come possiamo gestirle assieme ai nostri figli?

“L’altra categoria comprende le emozioni secondarie (o autocoscienti) che per essere esperite presuppongono una riflessione su di sé e sono, quindi, emozioni complesse come l’empatia, la simpatia, l’invidia, il senso di colpa, la vergogna, l’orgoglio e il rimpianto. Sono emozioni presenti solo negli esseri umani. Dai 4 anni circa i bambini sono in grado di collegare un’emozione non solo a circostanze esterne e concrete ma anche a credenze e desideri: possono capire che un bambino piange quando la mamma va in un’altra stanza perché crede che sia uscita ed invece in realtà non è così, possono capire il dispiacere di ricevere un regalo mentre ci si aspettava un’altra cosa che desiderava di più.
Bambini di età prescolare amplino progressivamente il proprio repertorio di strategie di regolazione. Si passa da strategie di attività piacevole e fine a sé, per suscitare emozioni positive e distrarre da quelle negative, a giochi simbolici che possono consentire ai bambini di dominare una paura o superare una delusione, grazie alla ripetizione ludica di un evento emozionante così come si è svolto o con l’introduzione di cambiamenti che ribaltano il ruolo nel quale in bambino lo ha vissuto. Attraverso il gioco i bambini possono anticipare, rappresentandolo, qualcosa che temono o desiderano: riescono così a raffigurarsi più concretamente le conseguenze delle proprie azioni, o realizzare i propri desideri almeno con la fantasia. Verso i 5-6 anni i bambini sanno spiegare verbalmente in che modo si può far passare un’emozione complessa e spiacevole”.

 

3.    Attraverso le emozioni strutturiamo sin da bambini le nostre relazioni interpersonali e le nostre identità. Un genitore come può affiancare i propri figli per far affrontare loro la complessità della vita che il film prova ad esplorare?

“Le emozioni riconosciute dalle figure genitoriali guidano i bambini verso il mondo delle regole sociali. I fondamenti dell’adattamento psicosociale si rintracciano nelle emozioni empatiche. Per esempio quando una persona ritiene di essere la causa della sofferenza di un’altra, il dispiacere empatico dà origine al senso di colpa, che induce a riparare e previene dal compiere atti colpevoli o devianti. L’empatia e la condivisione sono la base di comportamenti altruistici e prosociali.
Credo che un genitore possa affiancare i propri figli in questo percorso di maturazione ed adattamento, riconoscendo ed aspettandosi risorse emotive adatte all’età di riferimento.
Nel primo anno l’empatia infatti si traduce solo in un’adesione alle emozioni dell’altro, in assenza di una chiara consapevolezza di sé l’infante non può rendersi conto che le sue emozioni sono il prodotto di qualcosa che sta capitando a un’altra persona. Per esempio, un bambino di un anno che vede cadere un suo coetaneo reagirà piangendo o facendosi coccolare dalla mamma, come se si fosse fatto male lui, non cercherà di alleviare il dolore del coetaneo in modo empatico.

A 18 mesi emerge la coscienza di sé e i bambini differenziano se stessi dagli altri e dall’ambiente fisico circostante: distinguono tra il dispiacere per qualcosa che accade a loro da quello per un’altra persona. Ciò rende possibile la trasformazione del contagio emotivo (sentire quello che sente l’altro).

A partire dai 3 anni i bambini acquisiscono la crescente comprensione delle cause delle emozioni e si rendono conto di quelle che una persona può provare in corrispondenza a certi eventi, senza doversi basare sull’osservazione del suo comportamento.

Per concludere, Inside Out evidenzia inoltre quanto abbiamo bisogno di tutte le emozioni e di come queste lavorano i processi della memoria. Nonostante l’aspirazione di tutti sia la gioia, la strada più sicura verso il benessere di un bambino passa anche attraverso il riconoscergli le ragioni di tristezza e paura”.