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adolescenti e social network

Adolescenti e social network

I social network occupano oggi ampio spazio nella vita degli adulti ma soprattutto degli adolescenti. Oggi sono davvero pochi gli adolescenti che non abbiano un profilo Facebook, Instagram, Snapchat, Twitter e molti altri ancora. Questi siti raccolgono grande parte della popolazione e hanno un impatto sociale su persone di tutte le età, ma soprattutto sui giovani. Basti pensare che su Facebook oltre l’85% degli adolescenti infatti possiede un profilo.
Il merito dei social network è quello di aver facilitato la comunicazione: basta avere la connessione a Internet per parlare in tempo reale con persone di ogni parte del mondo e riuscire a vederne anche il volto.

risvolti

Ci sono anche altri risvolti. Secondo la teoria dello scrittore Jonathan Franzen, “i social network creano una cultura banale e superficiale, rendendo i ragazzi asociali. Essi possono creare dipendenza e distaccare i giovani dalla vita reale. Questa dipendenza può anche causare un allontanamento dallo studio. Spesso i ragazzi entrano a far parte dei social network perché altrimenti si sentono estranei al gruppo e, quindi, non popolari ma possono anche subire delle umiliazioni e delle minacce che sfociano nel cyber-bullismo, una forma di bullismo praticata anche da pedofili e stalker”.

Le conseguenze di questo sono:

manifestazione di disagio innanzitutto attraverso sintomi fisici, come mal di pancia e/o mal di testa; avere una bassa autostima, provare un senso di isolamento sociale; manifestare, nel peggiore dei casi, disturbi dell’umore e stati depressivi (ansia, paure di vario tipo), problemi di rendimento scolastico, problemi relazionali.

Cosa si può fare?

Occorre prestare molta attenzione ai campanelli d’allarme, quello della dipendenza da questi social network rimane comunque un problema dilagante: sta al genitore, controllare i figli e far sì che loro capiscano i veri valori della vita e che bisogna socializzare anche nella realtà.  Per approfondire l’argomento vi segnaliamo un interessante articolo pubblicato su Wired.it

N.B.

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